Ebbene si, oggi vi riporto nella mia città, Forlì, alla scoperta di una delle case più antiche della città, “Casa Palmeggiani”.
Casa Palmeggiani si erge nella parte più antica del centro cittadino, precisamente su Corso Garibaldi al civico 131-135, davanti al palazzo Guarini Torelli e poco distante dai Palazzi Gaddi e Sangiorgi di origine medievale, un angolino che merita di essere visitato.
Storia di casa Palmeggiani
Casa Palmeggiani rappresenta un esempio dell’architettura quattrocentesca forlivese. Fu eretta sulle macerie di strutture precedenti in parte crollate che pare risalissero al 1200.
La casa, di proprietà di un certo Vesio Taroni da San Varano, fu acquistata da Marco Palmezzano, pittore ed architetto allievo del Melozzo degli Ambrogi, che non l’abitò mai ed alla sua morte, nel 1539, passò agli eredi.
Descrizione di Casa Palmeggiani
Sono trascorsi oltre sei secoli da quando fu eretta da architetto ignoto, ed ora della struttura originaria rimangono solo la facciata in mattone a vista, classico del periodo medievale, ed il portico a tre campate sorrette da quattro grosse colonne a sezione ottagonale ed il puntale della prima campata.
Il portico di casa Palmeggiani è costituito da tre campate; la prima formata da un doppio arco ribassato mente le altre due racchiudono ciascuna due archetti pensili che si uniscono al centro su un capitello a goccia decorato con una rosa a quattro petali.
Dagli studi fatti il porticato sembra risalire alla costruzione antecedente e parzialmente crollata, ed in fare di ri-costruzione fu fortificato: nelle prime due campate fu inserita una doppia coppia di archi pensili, mentre la terza è stata ribassata.
Le colonne ottagonali sono alte circa la metà della larghezza della campata e presentano capitelli con collarino e smusso concavo.
Il portico mostra una particolare struttura lignea formato da una serie di travicelli e mensole che poggiano su travi lignee nascoste all’interno degli archetti.
Il porticato di casa Palmeggiani è conosciuto dai forlivesi col nome “la loza d’è pont d’è broc” (loggia del ponte dei Brocchi) prende il nome dalla casa confinante e rappresenta uno dei gioielli architettonici della città, la cui particolarità testimonia l’alto livello di architettura raggiunta da Forlì in quell’epoca.
Purtroppo la facciata non presenta più le finestre originali che furono sostituite nel settecento, e l’interno, con le varie ristrutturazioni che si sono susseguite, ha perso tutte le particolarità del tempo.
La sua complessità costruttiva fa pensare che alla sua realizzazione abbia partecipato un maestro molto esperto.
Parte di questa descrizione è tratta dal libro Libro “Forlì la guida della città” di Marco Viroli e Gabriele Zelli.
Il Palmezzano
Marco Palmezzano, pittore ed architetto italiano, nato a Forlì nel 1459, figlio di Antonio, membro di una famiglia di notabili, e di Antonia Bonvicini.
Il Palmezzano è stato l’allievo prediletto del Melozzo da Forlì, tanto che le sue prime opere le firma come “Marcus de Melotiis” (Marco del Melozzo).
Antonio Paolucci , direttore dei musei vaticani, di Palmezzano scrive:
“A Forlì l’arte figurativa assumeva aspetti distinguibili rispetto a quelli pur simili e fraterni presenti nelle città vicine. Il responsabile della differenza, l’artista che ha dato alla Forlì del Rinascimento una specifica identità, è stato proprio Marco Palmezzano”
Partecipò col Melozzo alla decorazione della Cappella del Tesoro nella Santa Casa di Loreto ed all’abside di santa croce di Gerusalemme a Roma.
Tornato a Forlì si dedicò alla decorazione della cappella Feo nella Chiesa di San Biagio, distrutta dai tedeschi in ritirata alla fine della seconda guerra mondiale. Alcune sue opere sono visibili nella pinacoteca cittadina e nell’abbazia di San Mercuriale.
Fra le sue opere più importanti troviamo:
- La crocefissione in mostra agli Uffizi di Firenze;
- “il Cristo morto sostenuto dai Santi” conservato al Louvre di Parigi;
- la pala d’altare “Immacolata col Padre Eterno in gloria e i santi Anselmo, Agostino e Stefano” posta nell’abbazia di San Mercuriale a Forlì;
- “Cristo come uomo dei dolori” conservato al Museo Liechtenstein di Vienna;
- “Sacra Famiglia con San Giovanni Battista e Santa Maria Maddalena” conservata a Baltimora.
Oltre ad essere un grande pittore, – si legge nel libro “C’era una volta la via Bagnola” di Sauro Rocchi – il Palmezzano era anche un grande investitore, negli archivi di stato sono ancora presenti numerosi contratti coi quali comprò case, terreni e bestiame, e molti dei suoi investimenti furono fatti proprio a Forlì.